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Orto botanico di Firenze

4. Licheni come bioindicatori

Percorso lichenologico nell'Orto botanico, tappa 4 | English

 

Possiamo indicare se l’aria intorno a noi è pulita
Siamo capaci di accumulare sostanze
Non ci sfuggono neanche le microplastiche!

La nostra presenza e abbondanza parlano della qualità dell’aria: più siamo vari e diffusi, più l’ambiente è sano.

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I licheni sono ottimi bioindicatori: alcune specie sono molto sensibili all’inquinamento atmosferico, altre più tolleranti. La loro presenza, o assenza, può quindi essere utilizzata per stimare il livello di qualità dell’aria in un’area. Il metodo più semplice si basa su un conteggio visivo con l’uso di un retino, cioè una griglia quadrata suddivisa in celle (ad esempio 10x10 cm). Appoggiandolo su un tronco o su un’altra superficie colonizzata, si conta in quante celle è presente almeno un tallo lichenico. Maggiore è il numero di celle occupate, più alta è la copertura lichenica. Questo metodo fornisce un indice rapido e facilmente comparabile tra aree diverse o tra periodi diversi nello stesso sito. Combinando le informazioni su copertura e numero di specie, si ottiene una fotografia ecologica che rivela lo stato dell’ambiente e la sua evoluzione nel tempo.

Retino per il calcolo dell’Indice di Biodiversità Lichenica (IBL) (Photo by Renato Benesperi)
Retino per il calcolo dell’Indice di Biodiversità Lichenica (IBL), foto di Renato Benesperi

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Oltre ad essere ottimi bioindicatori, siamo utilizzati come veri e propri sensori viventi della qualità dell’aria, grazie alla nostra capacità di assorbire e accumulare sostanze inquinanti.

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I licheni sono ottimi biomonitors della qualità dell’aria perché assorbono acqua e sostanze direttamente dall’atmosfera, lungo tutto il tallo. Non avendo cuticola né aperture stomatiche, possono accumulare inquinanti durante l’idratazione, sia in forma secca che umida.

Strutture come isidi e soredi aumentano la superficie di assorbimento, mentre la parete fungina, ricca di chitina e altre molecole, contribuisce alla capacità di trattenere metalli e sostanze tossiche. Anche la forma del tallo è importante: i licheni fruticosi, ad esempio, intrappolano più inquinanti rispetto a quelli crostosi. Le alterazioni osservabili possono essere fisiologiche (es. calo della fotosintesi), morfologiche o ecologiche (come la diminuzione della biodiversità). Specie come Pseudoevernia furfuracea e Evernia prunastri, sono tra le più usate nei monitoraggi ambientali, utili per valutare gli effetti dell’inquinamento nel tempo.

Trapianto con Evernia prunastri (L.) Ach., foto di Lisa Grifoni
Trapianto con Evernia prunastri (L.) Ach., foto di Lisa Grifoni
Trapianto di Pseudoevernia furfuracea (L.) Zopf e Evernia prunastri (L.) Ach. in Orto botanico, foto di Marta Agostini
Trapianto di Pseudoevernia furfuracea (L.) Zopf e Evernia prunastri (L.) Ach. in Orto botanico, foto di Marta Agostini

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La plastica si può trovare anche nell’aria e noi lo sappiamo. Possiamo essere utilizzati anche per monitorare la presenza di microplastiche trasportate dall’aria, soprattutto in ambiente urbano.

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Le microplastiche presenti nell’atmosfera, in particolare microfibre e piccoli frammenti, possono restare intrappolate nei talli lichenici, in modo efficace soprattutto in quelli fruticosi, per via della loro forma ramificata. Diversi studi hanno dimostrato che i licheni riescono a catturare queste particelle, rendendoli buoni biomonitor anche per questo tipo di inquinante emergente. Per ottenere dati attendibili si utilizzano spesso trapianti lichenici, cioè campioni esposti in ambiente urbano per alcune settimane (circa 12), con buoni risultati.

Microfibra trovata su lichene post esposizione urbana (4x), foto di Lisa Grifoni
Microfibra trovata su lichene post esposizione urbana (4x), foto di Lisa Grifoni

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