Il mio lavoro quotidiano, quando tornavo da scuola, che era anche quello dei miei amici contadini, era di andare nel campo a badare i maiali in modo che non scappassero e poi alla sera ricondurli a casa.
Luciano Petti ospite del Museo di Antropologia per la presentazione delle memorie 'Un ragazzo contadino del 1951'.
Contadino, falegname e poi collaboratore del Museo, Petti descrive con delicatezza e sensibilità la dura vita della sua famiglia nella campagna toscana e quello che ha vissuto da bambino prima e da ragazzo poi, tentando di ricreare un’atmosfera ricca di tradizioni ormai difficile da immaginare, soprattutto per i più giovani. Maria Gloria Roselli, curatrice del Museo, modera l’incontro.
Mercoledì 11 maggio, ore 17–19
Museo di Antropologia e Etnologia, Sala 18
Via del Proconsolo, 12 Firenze
Ingresso gratuito. Prenotazione consigliata.
L’intento non è quello di un voler tornare al passato, che non è mitizzato, ma solo raccontato, talvolta anche con amarezza. Quel mondo, in quel modo, non esiste più. È possibile, invece, leggere questa esperienza come la volontà di recupero della memoria locale e provare a riflettere su alcuni temi che, mai come ora, sono determinanti per il nostro futuro.
È ricostruita, tra gli anni Cinquanta e Sessanta, la vita a Cistio, frazione del comune di Vicchio (Firenze), dove, come in molti altri luoghi della mezzadria toscana, l’esistenza era organizzata secondo i principi che caratterizzavano sia le relazioni tra gli uomini, sia quelle tra gli uomini e il territorio ovvero la natura: l’economia di sussistenza contadina in gran parte regolata dalle stagioni e dai raccolti.
E, dunque, possiamo riflettere sui meccanismi di solidarietà che si rafforzano quando gli uomini hanno bisogno l’uno dell’altro e sull’idea della limitazione dello spreco, non solo alimentare, visti i periodi di scarsità delle risorse, ma anche degli oggetti e delle cose, un’idea che oggi ci appartiene in misura marginale, con la enorme disponibilità di prodotti, progettati per essere distrutti in breve tempo e riacquistati con facilità.
Importante è il rapporto dell’uomo con le stagioni e con la terra, che oggi è diventato uno dei temi centrali per costruire una forma di sostenibilità consapevole. Nel racconto, infatti, la vita stessa dei contadini è scandita dai raccolti, dalla vendemmia, dai ritmi di coltivazione. E traspare un certo timore legato alla fragilità di una vita organizzata economicamente su quello che la terra può offrire. E ne derivano rispetto, cura e attenzione ai bisogni della terra.