La dedizione di Odoardo alle piante merita un approfondimento. Il suo racconto è punteggiato di annotazioni sulle raccolte (erborizzazioni) e sugli adattamenti singolari delle specie che ha modo di osservare nel corso delle sue escursioni, come pure nei momenti più rilassati di esplorazione dei dintorni della sua rustica dimora sul Monte Matang. I decenni di distanza a cui questi momenti saranno descritti nel suo libro gli consentiranno di collegare scrupolosamente le specie di cui descrive il primo incontro con i campioni, nel frattempo numerati e conservati in museo, coi quali ognuno di quegli incontri viene documentato.
Il giovane Odoardo conosce perfettamente l’importanza dei caratteri necessari a riconoscere e distinguere le piante tra loro, la necessità di annotare quelli più effimeri (il colore, l’odore) direttamente sul campo e quella, altrettanto cruciale, di non fidarsi troppo dei nomi volgari che gli indigeni danno alle piante di cui si servono per nutrirsi, curarsi, vestirsi o costruire rifugi.
Il punto di vista dello scienziato richiede accuratezza e visione d’insieme. Ogni nuova scoperta è motivo di riflessione e di confronto coi più familiari gruppi della flora italiana ed europea e, quando l’oggetto di studio è interessante ma “parziale”, come accade per i prodotti estratti dalle piante (unguenti, legname, tinture, pietanze etc.), bisogna collegarlo senza equivoci alla pianta dalla quale deriva. Nelle foreste di Borneo, oltre che racconto piacevole a leggersi, è un manuale da consultare, con ricche appendici in cui di ciascun gruppo di piante Beccari fornisce informazioni sulla forma, l’ecologia, gli adattamenti, la diversità di specie, gli usi locali.