Cristina di Lorena | Eleonora Ramirez de Montalvo | Vittoria della Rovere | Anna Maria Luisa de' Medici
Il “candore” e la Quiete
“Dos in candore”, la mia dote consiste nel candore. Fu questo il motto di Vittoria Della Rovere (Pesaro, 7 febbraio 1622 - Pisa, 5 marzo 1694), quinta granduchessa di Toscana, che della purezza spirituale intesa come forma di elevazione dell’anima praticata attraverso l’astensione dai piaceri terreni, fece lo scopo della sua vita. Vittoria espresse pienamente quella cultura della “purezza” che investì la Toscana tra XVI e XVII secolo.
Le origini
Vittoria era certo figlia del suo tempo nel rappresentare la cultura del “candore”, ma l’educazione di stampo bigotto e clericale impartitale dalla nonna Cristina di Lorena e dalla zia Maria Maddalena, aveva probabilmente dato un forte contributo. A loro, reggenti del trono granducale e tutrici di Ferdinando II, la madre Claudia de’ Medici aveva affidato la figlia a meno di un anno di vita, subito dopo la morte del padre Ubaldo Della Rovere.
Nel 1634 Vittoria sposò il cugino Ferdinando, in virtù di un fidanzamento assicurato da Cristina e Maria Maddalena. Il matrimonio non fu felice; sembra che dopo la nascita di Cosimo III nel 1642, ci sia stato un periodo di vera e propria separazione che spiegherebbe la nascita del secondogenito, Francesco Maria, solo nel 1660. Un forte conflitto fu scatenato dalla divergenza di visioni sull’educazione del primo figlio: la madre voleva che venisse formato con precetti di stampo religioso, il padre con insegnamenti a carattere laico, moderno, scientifico. La volontà di Vittoria fu preponderante e Cosimo crebbe secondo rigidi principi cattolici.
La villa e gli anni di Vittoria
Rimasta vedova nel 1670, Vittoria dedicò le proprie energie alla protezione delle Ancille e diede il via a una stagione di grandi trasformazioni a Villa La Quiete. Sotto la sua protezione (accordata a partire dal 1680), la villa fu ristrutturata e ampliata e fu costruita la chiesa, permettendo così alle Ancille di assistere alle funzioni sacre senza dover più andare al monastero di Boldrone.
Con la sua presenza, venne ad impreziosirsi anche il patrimonio della Villa. La protezione di Vittoria fece sì infatti che altre nobili famiglie mandassero le proprie figlie nel 'collegio' delle Ancille; fu in questo periodo che iniziarono ad arrivare le donazioni più significative di arredi, paramenti e oggetti liturgici.
Gli anni di Vittoria furono così importanti per la Villa che quattro anni dopo la sua morte, nel 1694, le Ancille commissionarono a Giovan Battista Foggini la memoria funebre che si trova sulla stessa parete della navata della chiesa.