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Foresta pluviale nel Parco del Kinabalu, Borneo. Dukeabruzzi, CC BY-SA 4.0, via Wikimedia Commons
Come tutti i grandi naturalisti del suo tempo, Beccari ha una visione completa della Natura: non si limita a raccogliere e studiare le piante, ma fa volentieri lo stesso con gli animali, per conto dell’amico Doria, e raccoglie al contempo informazioni su Geografia, Geologia, Climatologia, Ecologia, Antropologia. I suoi appunti testimoniano un’attività senza sosta, a volte frenetica, ma anche una volontà consapevole e un’accurata pianificazione del lavoro.
La sua curiosità di giovane naturalista europeo è continuamente sollecitata, ovunque avanzi nella foresta, ai suoi occhi si presenta qualche sorprendente o insolito fenomeno vitale: tagliateste gentili, scimmie canterine, uccelli e insetti multicolori, pesci arcieri, alberi giganteschi, frutti profumatissimi, palme striscianti, funghi luminescenti, piante parassite, entomofaghe, epifite e rampicanti…
Odoardo diventa romantico descrivendo quello che si è fissato nei suoi ricordi, ma resta lucido quando si tratta di preparare i reperti da spedire in Italia: è grazie a questa grande professionalità che oggi possiamo ancora ammirare le migliaia di campioni frutto delle sue fatiche.
L’umidità, accompagnata dal calore, trasfonde allora non un soffio, ma un uragano di energia vitale nella vegetazione. Chi potrà mai rendersi conto del lavorìo organico che in quei momenti si svolge silenziosamente nella foresta? Chi potrà nemmeno pensare ai miliardi di cellule vive, palpitanti, che lottano per l’esistenza nelle tranquille ombre delle vergini selve tropicali?
Odoardo Beccari, 1902