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Apprezzati da sempre, gli agrumi sono diventati, nel corso dei secoli, oggetto di studio e collezionismo per il valore ornamentale, l’infinita varietà dei frutti, le proprietà alimentari e medicinali.
La collezione di agrumi dell’Orto botanico comprende attualmente circa 60 esemplari: sono presenti antiche e rare varietà fra le quali la bizzaria, una chimera di innesto che genera frutti ogni anno diversi per forma e colore, la melarosa, il limone cedrato di Firenze ma anche agrumi insoliti come il finger lime o la mano di Buddha, una varietà di cedro profumato il cui frutto è segmentato in diverse sezioni a causa di una malformazione genetica, e altri più conosciuti come mandarino, chinotto, pompelmo, pomelo, cedro, limone, arancio amaro e arancio dolce. Nei mesi invernali la collezione trova riparo in Serra fredda, nella porzione denominata appunto “Limonaia”, mentre da aprile ad ottobre le piante, tutte coltivate in conche di terracotta, vengono spostate all’aperto, nell’area antistante le serrette.
La prima testimonianza di agrumi presenti nell’Orto botanico è il catalogo redatto nel 1748 da Pier Antonio Micheli: vi sono riportate le due categorie aurantium e citreum, oggi non più riconosciute valide. Il documento successivo che ricostruisce la storia della collezione è il Catalogo delle piante coltivate nell’Orto redatto nel 1841 da Antonio Targioni Tozzetti: erano presenti aranci amari e dolci, cedri e limoni, tutti con molte varietà. Una terza fonte è il Registro dell’Istituto Botanico della R. Università di Firenze, redatto nel 1959, che riporta 81 piante di agrumi provenienti dal Giardino della Mortola di Ventimiglia, dal Giardino di Boboli di Firenze e da privati.
Ad oggi il lavoro sulla collezione da parte di tecnici e curatori è duplice: da una parte incrementare il numero di esemplari inserendo varietà e ibridi di moderna concezione, per dare conto di tutta quella variabilità genetica oggetto di sperimentazione a fini produttivi e commerciali, e dall’altra conservare il germoplasma delle varietà più antiche e rare, il tutto nella cornice di una gestione agronomica il più possibile sostenibile e integrando i metodi di lotta a patogeni e parassiti.